Il livello di sicurezza informatica in Italia resta preoccupantemente basso a causa dell’ampio gap di competenze digitali e della scarsa consapevolezza dei rischi. Le aziende faticano a trovare esperti, i cittadini sottovalutano le minacce e spesso adottano comportamenti poco sicuri. Eppure le minacce aumentano, dai ransomware che bloccano gli ospedali ai furti di dati personali e aziendali.
Ecco alcuni consigli semplici e immediati per proteggersi:
- Non riutilizzare la stessa password su più servizi.
- Aggiorna sempre software e sistemi operativi.
- Attiva l’autenticazione a due fattori dove possibile.
- Non cliccare link sospetti in email o messaggi.
Adottare questi comportamenti riduce notevolmente i rischi, ma serve anche investire nella formazione digitale di base.
Negli ultimi anni, la sicurezza informatica è diventata uno dei temi più discussi e cruciali sia nel mondo delle imprese che nella vita dei cittadini italiani. Tuttavia, l’Italia si trova ancora indietro rispetto ai principali Paesi europei sia per cultura della sicurezza digitale sia, soprattutto, per preparazione tecnica del suo personale specializzato.
Un gap che diventa un problema nazionale
Secondo dati recenti del settore, il mercato della cybersecurity in Italia valeva già oltre 4 miliardi di dollari nel 2025 e si prevede raggiungerà quasi 8 miliardi entro il 2030. Nonostante questo, il settore registra almeno 10.000 posizioni lavorative vacanti per mancanza di candidati qualificati. Più del 90% delle aziende lamenta una carenza di competenze di sicurezza informatica, specialmente tra i profili con conoscenza della lingua italiana necessari per i contesti locali.
Il problema è strutturale: da un lato, la digitalizzazione accelera in settori come sanità, manifattura e finanza, ma non cresce di pari passo l’attenzione verso la protezione dei dati e delle infrastrutture. Dall’altro, permane una percezione della sicurezza informatica come “costo” e non come investimento strategico, soprattutto tra le PMI.
Le minacce aumentano, la preparazione non tiene il passo
Le tipologie di attacco si evolvono rapidamente, complice anche l’avanzata dell’intelligenza artificiale, rendendo più difficile individuare intrusioni o truffe digitali. Le aziende italiane subiscono attacchi ransomware che paralizzano servizi sanitari e produttivi, mentre i cittadini risultano facili vittime di phishing, furti d’identità e truffe online.
A livello individuale, molti italiani non sono ancora consapevoli del valore delle loro informazioni personali e tendono a sottovalutare la frequenza con cui dati e identità finiscono sul mercato nero a causa di pratiche poco sicure, come l’uso di password facili o la mancata attenzione alle mail sospette.
Cause profonde: poca educazione digitale e isolamento organizzativo
Le indagini del settore confermano che la scarsa preparazione ha radici profonde:
- Le scuole e le università faticano ad aggiornare i programmi su temi come cybersecurity, cloud computing o IoT;
- L’offerta di corsi di formazione e riqualificazione professionale è limitata o poco nota;
- Le aziende tendono a lavorare “a silos”, senza condividere informazioni tra i reparti, creando isolamento e rallentando la risposta collettiva alle minacce.
Inoltre, molti reparti IT lavorano con strumenti datati: sistemi legacy meno robusti, oggi nel mirino prediletto dei cyber criminali.
Le nuove iniziative istituzionali e il ruolo del governo
Per fronteggiare il problema, il governo italiano ha lanciato la strategia nazionale 2022-2026 per la cybersecurity. Il piano prevede:
- Incentivi agli studi tecnici e scientifici
- Aggiornamento dei programmi didattici sia nella scuola che nell’università
- Finanziamenti per la formazione specialistica nei settori pubblico e privato
- Promozione di campagne di sensibilizzazione rivolte al grande pubblico
- Collaborazione con l’Unione Europea tramite il Cybersecurity Skills Academy e reti tra industria e università per allineare le competenze richieste.
Tuttavia, l’impatto di queste politiche sarà visibile solo nel medio-lungo periodo. Nel frattempo, la domanda supera l’offerta ed esplodono i salari nell’ambito della cybersecurity, mentre le imprese più sensibili cercano talenti anche fuori dai confini italiani.
Opportunità e sfide: cosa serve davvero
Lato mercato, la crescita della digitalizzazione in sanità, finanza, industria e pubblica amministrazione richiede figure ben formate in:
- Sicurezza cloud e mobile
- Gestione degli incidenti
- Protezione dispositivi IoT
- Analisi e risposta agli incidenti
- Penetration testing ed ethical hacking
Ma le skill tecniche non bastano: servono anche capacità di pensiero critico, comunicazione e aggiornamento costante, vista l’evoluzione continua delle minacce.
Le aziende più virtuose già incentivano i dipendenti a frequentare corsi, a ottenere certificazioni internazionali (CISSP, CEH ecc.), e adottano politiche di formazione continua. Allo stesso tempo, aumenta il ricorso a soluzioni esterne come Managed Security Service Providers (MSSP) e piattaforme cloud con robusti sistemi di sicurezza integrata.
La consapevolezza personale: il primo filtro
Ogni cittadino italiano può e deve essere la prima barriera di difesa della propria privacy digitale e della sicurezza dei dati aziendali. Bastano poche precauzioni, ma vanno seguite sempre:
- Mai cliccare su link sospetti o allegati non attesi
- Non condividere informazioni sensibili via email o telefono
- Utilizzare password complesse e cambiarle regolarmente
- Aggiornare subito PC, smartphone e app
- Attivare verifiche aggiuntive (2FA) per servizi sensibili, come la posta elettronica e l’home banking
Se tutti adottassero queste semplici pratiche, si ridurrebbe enormemente la probabilità di cadere vittime di truffe e furti.
Verso una società piú sicura: il ruolo dell’educazione digitale
L’Italia può colmare il proprio gap solo investendo massicciamente nella formazione, fin dalle scuole primarie. Dovrebbero essere introdotte lezioni obbligatorie su sicurezza digitale e alfabetizzazione informatica per tutti, con esercitazioni pratiche e simulazioni di attacchi realistiche. Altrettanto necessario è il coinvolgimento dei genitori, spesso meno digitalizzati dei figli.
Le università e gli ITS dovrebbero creare corsi specifici per cybersecurity, non solo per ingegneri ma per profili più ampi, come giuristi, medici, comunicatori e manager. Solo una cultura diffusa del rischio e della prevenzione porterà benefici stabili e duraturi.
Il mercato del lavoro: occasione per i giovani
Paradossalmente, questa emergenza può diventare un’enorme opportunità per i giovani e per chi vuole riqualificarsi: il bisogno di esperti è destinato a crescere anche nei prossimi dieci anni, con stipendi di ingresso tra i più remunerativi dell’ambito IT. Le aziende leader—come Microsoft, Leonardo, Accenture—cercano costantemente nuove risorse e investono in percorsi formativi interni, bootcamp, e collaborazioni con poli universitari.
In particolare, la richiesta di Security Analyst, Penetration Tester e Cybersecurity Consultant è in rapido aumento. Anche chi non ha un background tecnico può orientarsi verso ruoli di compliance, data protection o formazione, ormai centrali in molte realtà pubbliche e private.
Consigli e azioni avanzate da mettere in pratica:
- Richiedi audit di sicurezza periodici per la tua azienda
- Crea piani di formazione personalizzati per ogni livello aziendale
- Partecipa a campagne pubbliche di sensibilizzazione sui rischi digitali
- Sfrutta incentivi statali per certificazioni e corsi specializzati
- Cerca collaborazioni con centri di ricerca e università sul territorio
- Valuta l’adozione di servizi di sicurezza gestita (MSSP) se non hai personale interno qualificato
Solo una strategia congiunta, tra consapevolezza diffusa, formazione continua, investimenti tecnologici e collaborazione pubblico-privato, potrà portare l’Italia verso una reale sicurezza digitale e una migliore protezione di dati, privacy e infrastrutture critiche.
Fonte: https://www.punto-informatico.it/italiani-incompetenti-sicurezza-informatica-questo-problema





