Cyberbullismo e insulti sui social: quando scattano gli illeciti penali e come difendersi

Cyberbullismo e insulti sui social: quando scattano gli illeciti penali e come difendersi

Cyberbullismo e insulti sui social: quando sono reato, cosa rischia chi offende e come difendersi

Viviamo in un’epoca in cui gran parte delle nostre interazioni avviene online e i social network sono ormai parte integrante della quotidianità, soprattutto dei più giovani. Tuttavia, questa connessione continua e apparentemente priva di barriere può trasformarsi in una potente arma di offesa, diffamazione e isolamento sociale. Il cyberbullismo – cioè il bullismo realizzato tramite mezzi digitali – è un fenomeno purtroppo in crescita e spesso sottovalutato, ma che può costituire un vero e proprio illecito civile e, in numerosi casi, anche un reato penale.

Che cos’è il cyberbullismo

La legge italiana definisce per la prima volta il cyberbullismo con la Legge n. 71/2017, che lo descrive come “qualsiasi forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica”. In generale, il cyberbullismo si distingue per alcune caratteristiche specifiche:

  • Anonimato dell’aggressore, spesso nascosto dietro nickname o profili falsi.
  • Pervasività e portata potenzialmente illimitata, poiché i materiali offensivi possono essere diffusi a migliaia di utenti in pochi secondi.
  • Persistenza: i contenuti restano online a lungo, aggravando le conseguenze per la vittima.
  • Mancanza di contatto diretto, che facilita l’aggressività e il disimpegno morale da parte del bullo.
  • Amplificazione del danno: la vittima si trova isolata e senza possibilità di controllare la diffusione delle offese.

Insulti e offese sui social: quando sono reato?

Non tutto ciò che accade online è “solo uno scherzo”: i comportamenti di insulto, minaccia o derisione tramite social (Facebook, Instagram, WhatsApp, Telegram e altri) possono integrare diversi reati, a seconda delle modalità. In Italia non esiste un reato autonomo di “cyberbullismo”, ma diverse condotte tipiche vengono perseguite come:

  • Diffamazione (art. 595 c.p.): consiste nell’offendere la reputazione di qualcuno comunicando con più persone. Si configura anche con post, commenti o messaggi su social visibili ad altri utenti. La pena può arrivare fino a 3 anni di reclusione e una multa.
  • Ingiuria (art. 594 c.p.): insultare una persona presente (anche in videochat) non è più reato penale ma può essere illecito civile.
  • Minacce (art. 612 c.p.): chi promette un male ingiusto a qualcuno può essere punito con la reclusione o una multa.
  • Molestia o disturbo (art. 660 c.p.): messaggi ossessivi o ripetuti possono costituire reato punibile con arresto o ammenda.
  • Stalking (art. 612-bis c.p.): se i comportamenti persecutori provocano ansia, paura o alterazione delle abitudini di vita.
  • Trattamento illecito di dati personali (art. 167 privacy): diffondere immagini, video o dati senza consenso.

Nel caso di minori tra 14 e 18 anni che commettono tali atti, il procedimento penale si svolge davanti al Tribunale per i minorenni, con un percorso che pone attenzione al recupero e alla socializzazione, ma che può sfociare in pene concrete.

L’offesa sui social network secondo la giurisprudenza

La Cassazione ha chiarito che le offese pubblicate sui social network sono equiparate a quella commessa tramite altri mezzi di comunicazione pubblica, senza distinzione tra comunicazione cartacea o digitale. Non conta se l’autore utilizzi pseudonimi o profili falsi: chi pubblica messaggi offensivi, commenti lesivi o immagini umilianti è responsabile civilmente e penalmente. Anche chi condivide, diffonde o approva pubblicamente contenuti offensivi può incorrere in sanzioni.

Tuttavia, bisogna distinguere tra il legittimo esercizio del diritto di critica e la diffamazione vera e propria. I giudici valutano il linguaggio utilizzato, il contesto e la finalità dei messaggi: non devono mai sfociare in attacchi personali (argumentum ad hominem) o nel ridicolo pubblico.

Quando e come si può denunciare

La persona offesa può sporgere denuncia alle autorità competenti (Polizia postale, Carabinieri o Procura della Repubblica), specie quando ci si trova di fronte a reati perseguibili d’ufficio (come lo stalking) o a querela di parte (diffamazione, minacce). Anche i genitori possono agire in nome e per conto dei figli minorenni.
Spesso, la legge italiana offre strumenti specifici di tutela:

  • Segnalazione ai gestori dei social per richiedere la rimozione/ oscuramento dei contenuti entro 48 ore.
  • Ricorso all’ammonimento del Questore, una procedura rapida introdotta proprio per il cyberbullismo (dal 2017): la vittima o i suoi genitori possono chiedere all’autorità di ammonire formalmente il bullo, spesso inducendolo a cessare i comportamenti.
  • Azione civile per il risarcimento dei danni morali e materiali subiti.

Cosa fare se sei vittima di cyberbullismo o insulti online

Non isolarti e parla subito con un adulto di fiducia: genitori, insegnanti, amici adulti o consulenti scolastici sono la prima linea di difesa. Il silenzio e la vergogna sono i peggiori alleati del bullo. Esistono inoltre numeri di aiuto come Telefono Azzurro, sempre attivi per ascolto e supporto.

Non rispondere alle provocazioni: reagire d’istinto può alimentare il piacere del bullo e aggravare la situazione. Blocca subito l’utente, limita la visibilità dei tuoi profili social e segnala i contenuti ai gestori delle piattaforme.

Copia e conserva le prove: salva screenshot, stampa i messaggi offensivi e annota date e orari. Se necessario, rivolgiti a un esperto informatico per ottenere una copia autenticata legalmente valida.

Richiedi la rimozione dei contenuti: ogni social mette a disposizione strumenti per segnalare abusi e richiedere la rimozione di post, foto o video offensivi. Se la piattaforma non risponde, puoi inviare una diffida legale tramite avvocato.

Presenta denuncia: se gli abusi continuano o hanno superato la soglia del reato (minaccia, diffamazione, stalking), rivolgiti alle forze dell’ordine con tutte le prove raccolte. In caso di minori, genitori e tutori possono fare la denuncia.

Non conservare tutto il materiale offensivo: leggere continuamente messaggi denigratori può rafforzare il senso di vergogna. Salva solo le prove essenziali per l’eventuale denuncia e cancella il resto.

Chiedi l’oscuramento urgente se hai meno di 18 anni: la legge consente ai minorenni (o ai genitori) di chiedere al gestore del sito/social la rimozione dei contenuti entro 48 ore e, in caso di inazione, rivolgersi in via amministrativa al Garante della Privacy.

Suggerimenti per prevenire e combattere il cyberbullismo

  • Educazione digitale e dialogo costante: parlare con i ragazzi, spiegando i rischi del web e l’importanza della privacy, è il vero antidoto al cyberbullismo. Genitori e insegnanti devono essere d’esempio e vigilare senza essere troppo invadenti.
  • Attenzione ai segnali: disagio improvviso, mal di pancia, paura di andare a scuola, isolamento possono essere sintomi di bullismo online. Non sottovalutare mai un cambiamento d’umore inspiegabile.
  • Curare privacy e identità digitale: impostare i profili social come “privati”, non accettare richieste da sconosciuti, usare password robuste e non condividerle con terzi.
  • Parental control e software di monitoraggio: per i più giovani, sono strumenti utili a prevenire accessi non idonei e a monitorare comportamenti rischiosi.
  • Favorire amicizie sane e gruppi solidali: chi si circonda di amici sinceri difficilmente resta vittima per molto tempo. Il gruppo può essere la migliore difesa contro l’isolamento.
  • Non minimizzare: anche una “battuta” online può generare un danno profondo. Imparare a riconoscere e chiamare con il loro nome le molestie digitali è il primo passo per contrastare la cultura del disimpegno morale.
  • Rispetto reciproco: la libertà di espressione trova il suo limite nella dignità altrui. Diffondi rispetto anche online: il web è uno spazio pubblico e ogni parola può avere importanti conseguenze.

Il ruolo di genitori e scuola

La prevenzione inizia in famiglia e a scuola. I genitori sono chiamati a partecipare attivamente alla vita digitale dei figli, senza invadere la privacy ma offrendo ascolto, educazione e supporto. Le scuole, dalla primaria alle secondarie, devono promuovere progetti di sensibilizzazione e offrire sportelli d’ascolto, coinvolgendo anche esperti esterni.

Offendere o insultare sui social non è mai un “gioco” e può comportare gravi conseguenze sia per la vittima che per chi commette l’illecito. Il cyberbullismo è una piaga sociale che si combatte non solo con la legge, ma anche con la prevenzione, l’educazione e la solidarietà. La strada è ancora lunga, ma nessuno deve sentirsi solo: strumenti, persone e leggi per difendersi ci sono. È il momento di usarli, senza paura e senza vergogna.

Fonte: https://www.analisideirischinformatici.it/sicurezza/cyberbullismo-e-insulti-sui-social-quando-sono-reato

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